Si è concluso con marzo un appuntamento abbastanza insolito per la mia musica.
Con un foglio bianco davanti e uno dei dischi che più amo nelle orecchie, guardo fuori dalla finestra e penso a quante possibilità la musica mi regala per sognare.
È proprio vero… la musica è infinita!
Così, dopo aver chiuso una parentesi fatta di fiabe e di filastrocche, volto pagina e ne creo e leggo una completamente nuova e diversa.
Da una parte, gli ultimi singoli di Riflessi (quinto album della mia discografia); dall’altra, un progetto del tutto nuovo e che mi ha entusiasmata non poco nell’ultimo periodo: dalla stesura dei brani a tutto ciò che concerne la sua realizzazione.
Nei prossimi mesi avrò il piacere di svelarti tutto; per il momento ti annuncio che questo mese sarà dedicato a Miraggi, dodicesima delle quattordici composizioni di Riflessi.
All'interno di una cornice caratterizzata da quel dualismo di cui è intrisa tutta la mia musica, appare Miraggi. Un bagliore, qualcosa che s'intravede ma che in realtà non c’è, qualcosa a cui aspiri, che la mente vede ma che la materia non ha ancora manifestato. Miraggi è un brano in cui le note riecheggiano sospese nel tempo e nello spazio, facendosi strada nel silenzio.
Amo la musica proprio per il suo potere di creare visioni, suggestioni che scendono nel profondo e che spesso contagiano lasciandoti privo di difese. La musica è uno dei viaggi più intensi che si possano compiere, sia da fruitore che da performer: ogni brano diventa la possibilità di esplorare mondi, territori e sentieri sempre nuovi.
Foglio bianco, gomma, matita, pensieri, sensazioni, sentimenti, suggestioni, richiami, echi lontani. È così che comincia il viaggio; da quel momento in poi, è solo l’inconscio a parlare, nulla più.
Crediamo che sia la nostra parte conscia a dominare la nostra vita, ma non è così. Sono il nostro inconscio unitamente alle nostre credenze, il più delle volte limitanti, ad avere la meglio. La musica rappresenta quello spazio libero e fluttuante in cui il flusso di coscienza può muoversi privo di catene.
Quando ho iniziato a scrivere musica, le mie prime composizioni non avevano titoli. Non mi sono mai posta il problema di dover dare loro un nome e mi sono resa conto di quanto questo fosse non solo importante, bensì fondamentale, solo in studio di registrazione: quando il fonico, dopo aver registrato tutte le take, mi chiese il titolo dei brani, dovetti inventarli lì per lì, basandomi sulla suggestione del momento e su ciò che li aveva ispirati.
Da lì in poi ho dovuto ingabbiare in un titolo composizioni che contemplano una visione, spesso personale e soggettiva, ben più ampia di una semplice parola. Se la proprietà intellettuale di un brano è del compositore, è altresì vero che, una volta scritto, un brano diventa di chi lo ascolta ed è giusto che l'ascoltatore abbia un titolo con il quale identificare l'ascolto.
Grazie per l'ascolto che regali alla mia musica, offrendole la possibilità di viaggiare oltre me, attraverso di te.
Ti aspetto il 21 aprile sul mio Canale YouTube!
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